L’Albero genealogico
Costellazioni familiari Milano
La maggior parte delle persone che leggono questo articolo non hanno memorie dirette di guerra, se non le drammatiche immagini che ci raggiungono attraverso i mezzi di informazione. Tuttavia, fortunatamente pochissimi italiani mantengono viva la memoria diretta della guerra e dei suoi drammatici effetti sulla vita quotidiana.
Potremmo essere indotti a pensare che la guerra sia un ricordo lontano, qualcosa che è stato sepolto insieme ai nostri nonni. Invece quasi mai è così.
L’Albero genealogico il più delle volte conserva queste memorie e le manifesta nel presente, nella vita dei discendenti di coloro che la guerra l’hanno vissuta sulla pelle.
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L’Albero genealogico e le memorie di guerra
Il ramo paterno
Io la guerra l’ho sentita sottopelle a lungo, in quanto tutti i miei nonni l’hanno vissuta. I miei nonni paterni vivevano a Milano, a pochi metri da Lambrate, un obiettivo da bombardare e sono cresciuta con i racconti della mia nonna che mi narrava delle corse in piena notte nel rifugio sotto casa, della polvere che riempiva l’aria dopo ogni bombardamento, di mia zia piccola che urlava e si arrabbiava con gli inglesi perché le sporcavano il cappottino. Mi parlava a lungo del Pippo, così chiamavano l’aereo nemico che si materializzava e mitragliava la popolazione.
Il terrore di ogni civile.
Il ramo materno
L’altra nonna, la mia nonna materna, era soltanto una ragazzina quando un uomo colpito dal fuoco nemico cadde morto a pochi passi da lei, così come quando tardò a recarsi in rifugio e dovette farsi largo fra le bombe che incendiavano la via. E in quegli stessi anni la sua amica del cuore, di origini ebree, sparì nella notte durante un rastrellamento.
E mio nonno materno nel mentre era al fronte in Albania quando fu deportato dai tedeschi in un campo di prigionia. Inutile dire quanti suoi compagni d’armi morirono di stenti sotto i suoi occhi impotenti, quanti furono vittime del fuoco nemico. Non ne parlava mai mio nonno, se non una sola volta in cui raccontò di aver assistito a scene drammatiche di bambini strappati dalle braccia delle loro madri dietro un filo spinato. Fu l’unica volta in tutta la mia vita in cui vidi mio nonno con gli occhi pieni di lacrime.
Ai tempi della guerra aveva solo 19 anni.
Queste memorie sono molto vive nella mia famiglia e ho potuto a lungo indagarne la portata, non sotto il profilo psicologico e sociale, che lascio a chi è più esperto di me, bensì sotto il piano energetico e il piano dell’Anima.
Che cosa accade in un Albero genealogico in cui sono presenti memorie di guerra?
I nostri antenati che hanno vissuto queste drammatiche vicende di guerra devono necessariamente essere resilienti, ovvero andare avanti e sopravvivere all’orrore. Per far ciò è necessario, almeno parzialmente, congelare emozioni, pensieri e quant’altro ci vorrebbe fermi nella rielaborazione di un qualcosa di così terribile che ci schiaccerebbe.
Dunque, si va oltre. Si scavalca il dolore.
Ma lo si scavalca davvero?
Energeticamente no, il più delle volte semplicemente si tira avanti, trascinandosi dietro il peso di un ciclo non chiuso. L’Albero genealogico dunque va oltre l’esperienza ma allo stesso tempo se la porta dietro come zavorra.
Un ciclo non chiuso è un’energia che rimane attiva quando invece dovrebbe completarsi e trovare pace. E ogni storia drammatica che non ha potuto trovare pace, di cui non è stato compreso il Senso, rappresenta spesso un ciclo non chiuso.
L’Albero genealogico e i cicli di guerra non chiusi
La guerra ha molte facce, tutte drammatiche e terribili.
C’è chi ha vissuto i bombardamenti e la sirena che cacciava giù dal letto, giù nelle cantine a pregare di sopravvivere e ritrovare ancora la casa intatta. E chi ha vissuto la fame, l’assenza di ogni genere alimentare, c’è chi è stato separato da un padre, da un marito o da un figlio ancora giovane chiamati al fronte, c’è chi ha vissuto molteplici lutti da guerra e il dramma delle deportazioni.
Inoltre c’è chi ha conosciuto il fronte e lo ricorda come il volto della morte e della sofferenza.
Queste esperienze spesso sono ancora energeticamente attive. E quando un’esperienza è ancora attiva significa che s’insinua nel presente e nelle generazioni degli ignari nati dopo.
Albero genealogico: in che modo i cicli non chiusi dilagano nel presente dei discendenti?
I discendenti spesso non si accorgono di portare il fardello dei dolori della guerra eppure in molti casi è così.
Capita che molti discendenti abbiano spesso paure irrazionali, si sentano minacciati da un pericolo che non sanno definire. A volte temono i rumori forti o addirittura sono molto insofferenti ai rumori, alla confusione.
E accade che siano sofferenti, forse malinconici, come se avessero perduto qualcosa ma non sanno che volto abbia questa perdita. E a volte temono immensamente le separazioni e che possa accadere qualcosa di terribile a chi amano.
Queste sensazioni ricordano una vita sospesa, vissuta in presenza di un pericolo permanente e, dal momento che l’energia di questo ciclo è ancora attiva, passa di generazione in generazione come fosse un’eredità.
Albero genealogico: come si possono chiudere i cicli della guerra?
Innanzitutto riconoscendoli e riconoscendo la sofferenza di chi li ha vissuti. Ciò significa onorare profondamente il destino dei nostri antenati e in questo modo permettere a noi stessi di prendere le distanze da qualcosa che non ci appartiene e che non appartiene a questa dimensione, al momento presente.
Uno strumento meraviglioso per compiere questo movimento sono le costellazioni familiari, che permettono di riconsegnare al passato le storie antiche.
Allora, questi cicli si chiudono, trovano pace e riposano.
E finalmente il discendente è libero di voltarsi verso il suo presente, orientando lo sguardo verso il futuro.
Ogni ciclo può essere chiuso attraverso la ritualistica propria delle costellazioni familiari, ogni memoria può essere riconsegnata.
Perché soltanto chiudendo i vecchi cicli possiamo aprire nuovi cicli pieni di bellezza.
Cicli nuovi, nostri.
Francesca Bianchetti
Costellazioni familiari Milano